Fototerapia

 

La fototerapia è una tecnica che utilizza le foto personali e familiari come strumento terapeutico. Le sue pioniere sono Judy Weiser e Linda Berman.  La foto, al contrario del sogno, ferma le immagini che il paziente porta in terapia su un supporto cartaceo o virtuale, fornendo così la possibilità di un campo d’osservazione oggettivo, oltre a quello soggettivo dato dalle interpretazioni e dalle proiezioni del soggetto (Piccini, 2010).

Attraverso la fototerapia, il passato ritorna al presente e il terapeuta può vedere con occhi differenti ciò che il paziente ha sempre visto, aiutandolo a percepire i sentimenti e il loro collegamento.

Esistono cinque tipi di fotografie con cui è possibile lavorare in terapia:

  1. Foto scattate dal protagonista e ritraenti altre persone. Si può approfondire perché tali foto siano state scattate e custodite in un determinato modo. Inoltre il terapeuta può avvalersene per suggerire temi e simboli personali che si ripetono.
  2. Foto in cui il protagonista è presente e non ha effettuato lo scatto. Queste foto lo aiutano a capire come appare agli altri e a se stesso. Poiché raramente le persone si accorgono di come comunichino a livello visivo, questo tipo di foto è molto utile.
  3. Foto combinate in forme narrative, come gli album. Generalmente gli album ricordano dei momenti speciali che hanno avuto particolare importanza nella vita della famiglia. Essi mostrano gli individui all’interno di contesti  ampi,  suggerendo anche chi sono nel complesso.
  4. Foto “Autoritratti” del protagonista. Sono le fotografie che le persone si fanno da sole quando non ci sono influenze esterne.
  5. Foto “proiettive”, che rappresentano il significato che il soggetto dà alla foto al momento dell’osservazione.

Ultimamente ho ideato la tecnica della “foto mancante”, con cui invito il cliente a ricostruire immagini, ricordi e sensazioni legate a periodi di vita per lui significativi, di cui però non dispone di una foto adeguata per raccontarli.

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